Seconda un’indiscrezione di Fortune ripresa successivamente dal portale Data Center Knowledge, Mountain View starebbe pensando ad un ampliamento della propria infrastruttura a livello globale. Nonostante l’azienda sia notoriamente inserita tra i top cloud provider, il raggio d’azione della piattaforma cloud non è ancora paragonabile a quello di competitor come AWS e Microsoft, rispettivamente con 11 regioni e 17 aree geografiche contro le 4 di Google (South Carolina, Iowa, Belgio, Taiwan).
Il principale vantaggio derivante da un’estesa rete di data center è quello di poter offrire naturalmente prestazioni migliori all’utenza (es: latenze più basse), oltre alla garanzia di tutela e salvaguardia dei dati personali nel pieno rispetto delle norme vigenti – requisito fondamentale per operare nel Vecchio Continente.
Per colmare il divario, Google potrebbe allora ricorrere all’installazione di “piccole unità” (pod) presso i siti utilizzati attualmente per il proprio CDN (Content Delivery Network). Il posizionamento dei container, che a tutti gli effetti funzionerebbero come dei “mini data center”, consentirebbe di espandere rapidamente il raggio d’azione di Mountain View: si parla infatti di prefabbricati facilmente consegnabili in qualsiasi parte del globo ed installabili “al volo”.
I “mini data center” presentano anche degli svantaggi, in primis quello di non poter conseguire gli stessi risultati garantiti dalle economie di scala – derivanti dalla costruzione di enormi complessi. In seconda battuta ed in relazione a quanto appena detto, l’editorialista prevede inevitabili rincari nel listino prezzi Google (l‘abbassamento dei costi è uno dei cavalli di battaglia dell’azienda) per tutti i clienti che usufruiranno di servizi localizzati presso i nuovi “snodi infrastrutturali”.
Mountain View per il momento non ha voluto commentare l’indiscrezione.